Elevating jazz Music: un espresso con Daniele Nasi
17 marzo 2022
Il primo album dei BSDE intitolato “Elevating Jazz Music Vol. 1” è uscito alla fine di febbraio per GleAm. Abbiamo intervistato Daniele Nasi, sassofonista del quartetto.
> Eugenio Mirti
Come nasce questo quartetto? Ci spieghi il curioso nome?
Il quartetto è nato a Groningen, nei Paesi Bassi. È stato un incontro in parte fortuito ed in parte premeditato, ma quando ci siamo trovati nella stessa sala a provare la musica che ora potete sentire nel disco la nascita del quartetto è stata abbastanza inevitabile. Era esattamente il suono di cui quei brani avevano bisogno per prendere forma!
La sera stessa siamo andati in un locale della città, il Literair Cafè de Graanrepubliek, e ne siamo usciti con un concerto programmato per il fine settimana, così ci siamo seduti con un boccale di birra a parlare del più e del meno ed a cercare un nome. Per quanto volessimo smentire ogni stereotipo, con degli italiani al tavolo si è finiti a parlare di cibo, di globalizzazione culinaria e dei limiti filosofici per cui una preparazione può ancora esser chiamata o meno con il nome della ricetta originale. La conclusione, un paradosso degno del nostro mondo: “Bolognese Sauce Doesn’t Exist!”.
“Elevating Jazz Music”: in che senso “Elevating”?
Il titolo si ispira ad una frase di Eminem su Rap God: “I make elevating music, you make elevator music”. Abbiamo ripreso questo gioco di parole per portarlo su un altro piano. Il titolo è infatti ironicamente impostato come quelli di playlist che spesso si vedono sulle principali piattaforme di streaming musicale, come “Latin Jazz per Ristoranti”, “Jazz per Cucinare Vol. 2” ecc, ma la nostra vuol essere una musica che fa riflettere, che tocca temi importanti, non da sottofondo. Dunque “Elevating Music” vs “Elevator Music”, suonata però proprio in un ascensore da un certo BSDE 4tet in copertina. Ascensore in cui vengono ripresi alcuni temi presenti nei brani, ma anche altri, come una piccola critica all’utilizzo totalizzante e spesso fuori luogo della tecnologia ed altri piccoli dettagli che Ike Edgerton (il pittore) ha magistralmente raffigurato. Lasciamo a voi il piacere di scovarli…
Come avete lavorato a composizioni e arrangiamenti? Lavoro collettivo o dei singoli?
Le composizioni sono mie, ma alcune scelte di arrangiamento sono state fatte insieme strada facendo. Alcune sezioni rimangono indefinite lasciando ampio spazio all’interplay e a direzioni nuove ogni volta che vengono affrontate in concerto.
Dividendo la musica tra entertainement e impegno civile/sociale, leggendo i titoli siete chiaramente orientati verso la seconda possibilità. Perché questa scelta?
Questo è un tema molto complesso, ma per dare una risposta concisa (e purtroppo ovviamente riduttiva): crediamo e diamo molto peso al valore e alla forza comunicativa ed evocativa della musica e quando suoniamo preferiamo affrontare discorsi con un certo peso piuttosto che fare “small talk”. Questo non vuol assolutamente andare a sminuire il valore della musica che non è a sfondo socio/politico, anzi! Un quadro “non militante” non è necessariamente meno bello o evocativo di Guernica. Semplicemente, essendo questi temi molto presenti nei nostri pensieri, ed essendo la musica un mezzo di espressione e comunicazione (che siano immagini, emozioni, impressioni…), inevitabilmente i nostri dialoghi vanno a toccare questi punti. Il nostro obbiettivo è sensibilizzare su certi argomenti per noi importanti, ed essendo la musica il modo in cui riusciamo ad esprimerci al meglio, proviamo a trasmettere i nostri pensieri attraverso le vibrazioni d’insieme, cercando di creare una riflessione d’insieme, nella speranza che questo porti a cambiamenti nella nostra società, dal nostro punto di vista, non certo sana.
Quali sono i musicisti che più vi hanno ispirati, sia dal punto di vista tecnico che da quello “militante”?
Una figura di grande ispirazione per entrambi gli aspetti è stata sicuramente R.R. Kirk ed il suo Jazz & People’s Movement, insieme ad altri musicisti attivi nella lotta per i diritti degli Afroamericani negli Stati Uniti negli anni ’60-’70 come Max Roach, Sonny Rollins etc.
Dal punto di vista tecnico e musicale sarebbero molti i nomi da citare, ma tra i tanti, sicuramente sulle composizioni e gli arrangiamenti hanno influito Colin Stetson, Chris Dave, Ibrahim Maalouf e Daniel Zamir.
La musica è sconvolta dalla pandemia (e dall’impatto dello streaming e del web). Qual è il senso di realizzare un CD nel 2022? Quali sono i vostri prossimi progetti?
La pandemia ha certamente avuto un impatto non indifferente, per noi in particolare il fatto di non esser tutti nello stesso paese non ha aiutato. Ora stiamo lavorando ad organizzare un tour per l’estate e a portare in giro la musica di “Elevating Jazz Music Vol.1” il più possibile, che sarà anche un occasione per scrivere ed arrangiare nuovi brani.
La scelta di stampare il CD è stata anche dettata dal fatto di voler fare una sorta di concept album. Oltre alla copertina ed il suo significato, c’è un testo per ogni brano. In alcuni casi una poesia, in altri un testo che descrive o riprende il contenuto del brano o inchieste legate ad esso. Siamo poi un po’ “alla vecchia” in generale, ci teniamo infatti a ricordare che abbiamo registrato il tutto in un’unica stanza, senza cuffie e con riverbero naturale dello studio (al Sonic Temple Studio di Parma, con Domenico Vigliotti).
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