Il brutto anatroccolo: un espresso con Leonardo De Lorenzo
29 luglio 2020
Batterista, compositore, didatta, infaticabile tuttofare della musica, abbiamo intervistato Leonardo De Lorenzo.
Leonardo De Lorenzo è uno dei più impegnati e attivi batteristi (ma non solo) italiani. Solo rallentato dal lock-down (!) ha in serbo numerose novità per i prossimi mesi: ce le siamo fatte raccontare.
Quali sono i tuoi nuovi progetti?
Ho registrato il 18 gennaio a Castellamamare di Stabbia con Ergio Valente al pianoforte, Giacinto Piracci alla chitarra, Ciro Marone al contralto e Vincenzo Lamagna al contrabbasso il nuovo disco On 5, in studio ma in modalità live: è stato realizzato infatti con il pubblico in sala. Avevo già realizzato, con questo sistema, The Ugly Duckling, un disco in trio del 2016.
Perchè The Ugly Duckling (“Il brutto anatroccolo”, NdR)?
Quel brutto anatroccolo sono io, ma penso che in un periodo della propria vita ognuno di noi si sia sentito così. Volevo dare l’idea che questo anatroccolo stesse prendendo consapevolezza di altre attitudini e altre responsabilità.
Quali sono le differenze tra i due dischi?
Questa è stata l’evoluzione del progetto iniziale, l’ho chiamata versione 2.0. Abbiamo inciso in uno studio dove gli strumenti erano isolati, ognuno nella sua saletta, e il pubblico era quindi distribuito nelle varie postazioni; abbiamo utilizzato le cuffie silent creando una sonorità uguale per tutti, e in qualunque punto si fosse si sentiva tutto alla stessa maniera.
Questa è stata l’evoluzione del progetto iniziale, l’ho chiamata versione 2.0. Abbiamo inciso in uno studio dove gli strumenti erano isolati, ognuno nella sua saletta, e il pubblico era quindi distribuito nelle varie postazioni; abbiamo utilizzato le cuffie silent creando una sonorità uguale per tutti, e in qualunque punto si fosse si sentiva tutto alla stessa maniera.
Qual è stato il feedback del pubblico?
Ottimo, in due diversi set sono arrivati 90 persone circa; è stata naturalmente anche una forma di crowdfunding, il pubblico pagando un biglietto è venuto, ha goduto di un aperitivo, ha prenotato la sua copia fisica e ha anche potuto fare delle domande, perché era prevista una interazione con i musicisti.
Ottimo, in due diversi set sono arrivati 90 persone circa; è stata naturalmente anche una forma di crowdfunding, il pubblico pagando un biglietto è venuto, ha goduto di un aperitivo, ha prenotato la sua copia fisica e ha anche potuto fare delle domande, perché era prevista una interazione con i musicisti.
È una forma nuova di crowdfunfing.
Sì: dà la possibilità agli appassionati di capire come funziona la registrazione di un disco e poi mi sembra che il vedersi fisicamente, con un contatto umano diretto, sia differente. Infine con la tua quota godi di una performance iniziale, e poi alla fine del processo avrai il disco fisico.
Quando uscirà?
In autunno: per via del lockdown ci siamo un po’ bloccati tutti, e poi non essendoci in questo momento concerti abbiamo preferito ritardare un po’ l’uscita.
Quali sono gli altri tuoi dischi che consiglieresti a chi non ti conosce bene?
Waiting For è un album al quale tengo particolarmente; ha quattro brani in nonetto e due in quartetto, è un disco misto e variegato. Su Youtube ci sono anche i video relativi ai quattro brani con la formazione più ampia. Poi The Ugly Duckling di cui ho già parlato, e infine Pictures, mio secondo CD: le composizioni e il modo in cui sono stati suonate lo rendono meritorio di essere ascoltato.
Parlaci della Vesuvian Jazz Society.
È un progetto in itinere, perché il disco sarà chiuso definitivamente verso settembre, manca ancora la voce di Susanna Stivali, che è una delle ospiti. Abbiamo scelto sette brani degli anni 70 e 80 come “Slave To The Rhythm” di Grace Jones o “Figli delle stelle” di Alan Sorrenti (che ci ha fatto i complimenti!), o ancora “Stop Bajon” di Tullio De Piscopo (che dopo mesi e mesi di tribolazione ha potuto mettere la voce!). Come sai non sto fermo, mi piace produrre e lavorare su varie cose contemporaneamente. Il problema è canalizzare bene quello che si fa, naturalmente, ci sono sempre meno spazi e sempre più musicisti da inserire.
Qual è il sogno che vorresti ancora esaudire?
Veramente mi prendi in contropiede, se guardo a quello che ho in questo momento sono contento, sono anche riuscito ad insegnare nei conservatori (quelli di Pesaro e Benevento): a mio avviso la docenza è importante, è una parte dell’essere musicista, quello che noi insegniamo lo portiamo poi nella musica. Sicuramente mi piacerebbe suonare di più, per il resto ho già tutto: produco, insegno e come musicista ho la stima di tanti colleghi. Sarebbe bello avere anche quella di un pubblico diverso, e magari più allargato!

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