Jazz Orchestra of the Concertgebouw: un espresso con Juan Martinez
23 giugno 2022
Il 24 giugno al Sicilia Jazz Festival saranno protagonisti Trijntje Oosterhuis e la Jazz Orchestra Concertgebouw. Abbiamo intervistato il direttore della big band, Juan Martinez.
> Eugenio Mirti
Come è nata la Jazz Orchestra of the Concertgebouw? Quali sono le sue caratteristiche principali?
Iniziò nel 1996 come una iniziativa di alcuni giovani musicisti insieme a Henk Meutgeert, che al tempo era l’esperto pianista e arrangiatore che lavorava con gli Skymasters, la più importante big band olandese degli anni 80 e 90. All’inizio il nome era “New Concert Bigband”.
La caratteristica principale del gruppo è il grande numero di compositori e solisti brillanti. Musicisti come Jesse van Ruller e Benjamin Herman hanno fatto parte della big band nei suoi primi dieci anni di vita, e le loro composizioni hanno formato la base del repertorio dei primi anni: già dall’inizio suonavamo la nostra musica, e questo ha reso il repertorio nuovo e fresco.
Iniziammo suonando ogni due settimane al Bimhuis, il Jazz Club di Amsterdam, e il direttore della Concertgebouw divenne fan dell’ensemble. Nel 1997 ci invitò a suonare alla Concertgebouw con Joe Henderson, e quel concerto fu l’inizio di una lunga collaborazione. Dopo grandi concerti con, ad esempio, Toots Thielemans e Jessye Norman, nel 1999 cambiammo il nome in quello attuale. Questo ci ha permesso di collaborare con artisti come Chick Corea, Kurt Elling, Benny Golson, Tito Puente, Branford Marsalis, Dr. Lonnie Smith, Roberta Gambarini e Roy Hargrove, sia in Olanda che nel resto del mondo.
Cosa vi aspettate dall’esperienza siciliana?
Non vediamo l’ora di collaborare con Domenico Riina, che dirige l’Orchestra Jazz Siciliana, e con alcuni dei suoi grandi solisti come Vito Giordano al flicorno e Orazio Maugeri al contralto. Inoltre ci sarà un duetto tra Lucy Garsia e Trijntje Oosterhuis, la grande cantante olandese che presenterà il suo tributo a Frank Sinatra.
Sono molto curioso di scoprire come il pubblico accoglierà la nostra musica, e la sua reazione nello scoprire le differenze tra le due orchestre.
Il jazz è cosmopolita o pensi che si possa intuire l’origine olandese o siciliana (per esempio) dei musicisti?
Il jazz nasce cosmpopolita, e si alimenta di influenze di diverse parti del mondo: Africa, America, Europa, che insieme la rendono una forma d’arte. Spesso suoniamo in Cina, Giappone, Russia, Indonesia, Sud America, e siamo sempre colpiti dalla conoscenza della musica del pubblico e anche dall’alto livello tecnico dei musicisti di tutti questi luoghi. Comunicare attraverso il jazz è bello, il jazz è diventato davvero un linguaggio internazionale.
Il jazz (e la musica in generale) vivono momenti complicati (a partire dal post pandemia). Quali sono le sfide del futuro?
Ce ne sono molte. A parte il Covid, i cambiamenti climatici e le geo politica, sono molto ottimista a proposito delle nuove generazioni di musicisti jazz e delle loro idee. Più grandi sono le sfide che affrontiamo come genere umano, più grande sarà l’esigenza di buona musica per curare le nostre anime.
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