Mediterranean Cowboy: un espresso con Roberto Bindoni
27 giugno 2020
Si intitola Mediterranean Cowboy l’ultimo lavoro discografico di Roberto Bindoni, pubblicato da AlfaMusic: l’abbiamo intervistato.
Qual è l’origine di Mediterranean Cowboy, un titolo che mi sembra particolarmente ben riuscito nell’identificare la tua estetica?
Il Mediterraneo e le praterie sono una metafora per indicare un senso di profondità, la musica che ha un respiro e che manifesta il mio desiderio di creare spazialità e profondità, orizzontale e verticale.: ho sempre individuato questi due elementi nel mare e nelle musiche americane e nelle musiche del Nord Europa.
Mediterranean Cowboy rappresenta anche una sorta di risposta a una inquieitudine di fondo, espressa anche nell parallelismo tra vecchio e nuovo mondo. Infine c’è anche il suono, elemento molto importante del mio percorso di ricerca!
Ho anche cercato di trovare una coerenza interna nella proposta musicale, in modo che avesse una forte organicità.
Se dovessi descrivere Mediterranean Cowboy con due caratteristiche sottolinerei l’importanza dei silenzi in un mondo che tiene in genere a far capire il proprio virtuosismo, e il fatto che i brani sono organizzati come piccole storie. Sei d’accordo?
Indubbiamente la parte del silenzio arriva in un momento in cui ho bisogno di togliere, noi chitarristi riempiamo (e rompiamo forse!) e a volte c’è bisogno di lasciare vibrare il suono, di farlo finire, si torna di nuovo al senso si spazialità e profondità.
Indubbiamente la parte del silenzio arriva in un momento in cui ho bisogno di togliere, noi chitarristi riempiamo (e rompiamo forse!) e a volte c’è bisogno di lasciare vibrare il suono, di farlo finire, si torna di nuovo al senso si spazialità e profondità.
I brani in effetti sono dei racconti, quella che ricerco è sempre la dimensione narrativa, una musica che comunichi e racconti qualcosa a partire da un punto, evolvendo l’idea e modificandola. Ogni composizione è nata come un piccolo racconto sotto l’egida del cappello Mediterranean Cowboy.
. Aggiungerei anche l’aspetto della passionalità; a volte – anche negli ascolti che ho fatto di musicisti comunque degni di lode – manca la passione, e la mia intenzione (non sta a me dire se poi ci sono riuscito!) è stata cercare di proporre un disco passionale.
Il nome del gruppo è Unquiet Quartet. Perché?
Da un lato è un ensemble appunto caratterizzato dall’inquietudine, una delle caratteristiche dell’essere umano che permette di muoversi e cercare, anche se non è detto che porti a trovare la risposta (ride, NdR). Poi naturalmente c’è il senso ironico che descrive un quartetto di persone con caratteristiche molto diverse tra loro: c’è chi è più esplosivo, chi più intimista, e così via.
Da un lato è un ensemble appunto caratterizzato dall’inquietudine, una delle caratteristiche dell’essere umano che permette di muoversi e cercare, anche se non è detto che porti a trovare la risposta (ride, NdR). Poi naturalmente c’è il senso ironico che descrive un quartetto di persone con caratteristiche molto diverse tra loro: c’è chi è più esplosivo, chi più intimista, e così via.
L’album è stato registrato a gennaio del 2019; a cosa stai lavorando oggi?
Sto componendo per un progetto che affronta il tema del sacro, inteso come forma di preghiera, una ricerca (musicale) verso la spiritualità. Un altro lavoro in itinere è dedicato alla Resistenza; lo sto realizzando con un attore, e ho già scritto una parte di testo (drammaturgico) e di musica; .
Sto componendo per un progetto che affronta il tema del sacro, inteso come forma di preghiera, una ricerca (musicale) verso la spiritualità. Un altro lavoro in itinere è dedicato alla Resistenza; lo sto realizzando con un attore, e ho già scritto una parte di testo (drammaturgico) e di musica; .
Cos’è il jazz per te oggi?
Mi pare che la musica classica sia un sistema analogo alla lettura: leggi e dai il tuo tocco personale su un testo dato; trovo che il jazz sia l’opposto, descrivi non il libro ma le sensazioni che ha suscitato in te. Il jazz è l’espressione di una forma di libertà.
Mi pare che la musica classica sia un sistema analogo alla lettura: leggi e dai il tuo tocco personale su un testo dato; trovo che il jazz sia l’opposto, descrivi non il libro ma le sensazioni che ha suscitato in te. Il jazz è l’espressione di una forma di libertà.
Quale sogno esaudiresti se potessi esprimere un desiderio?
Scado nell’ovvio: riuscire a distinguermi. La ricerca del suono e delle mia personalità musicale è sempre stata volta a essere riconoscibile, per cercare la mia voce con coerenza.
Scado nell’ovvio: riuscire a distinguermi. La ricerca del suono e delle mia personalità musicale è sempre stata volta a essere riconoscibile, per cercare la mia voce con coerenza.
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